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GIOCO E MATEMATICA

"TEOREMA DELLA ROVINA DEL GIOCATORE"

Giochiamo di 1.000 lire a “testa e croce”: chi indovina ne intasca 2.000. Il gioco è equo: l’intero ammontare delle giocate viene ridistribuito. Ma i giochi d’azzardo non sempre sono equi: chi li organizza deve pur avere il suo tornaconto. Il problema è quanto. Uno dei più equi è certamente la roulette; il banco si tiene soltanto una commissione che non supera mai il 2,7%: ad esempio vincendo un pieno SI riceve 35 volte la posta anziché 36. In sostanza per ogni 1.000 lire puntate ne vengono rimesse in gioco ben 973. Ma com’è allora che alla roulette ci si può rovinare? La risposta concerne l’accanimento al gioco e la disponibilità economica dei giocatori. Poi vedremo. Ora veniamo al lotto, che assomiglia più ad una truffa che ad un gioco. L’appellativo di “tassa sull’ignoranza” se l’è meritato perché l’“iniquità” varia da puntata a puntata e i più “ignoranti” possono scegliere combinazioni più svantaggiose. Vediamo per ogni 1.000 lire giocate quante lo stato biscazziere ne restituisce in alcune combinazioni: estratto semplice con un numero = 680; ambo con 2 numeri = 628; terno con 3 numeri = 346; quaterna con 4 numeri = 157; cinquina con 5 numeri = 23. Non è un errore di stampa! Su 1.000 lire per una cinquina ne ritornano ventitre! Come giocare così a testa e croce: se perdete, perdete 1.000 lire, se vincete, vincete 23 lire. Giochereste a queste condizioni? Per fortuna conoscendo il gioco e scegliendo oculatamente puntate più complesse, è possibile ridurre sensibilmente il vantaggio del banco: meglio però affidarsi ai programmi per PC anziché ai numeri “sognati”! Partendo da questi argomenti Paolo Garbolino nel suo I giochi d’azzardo (Il saggiatore, Due Punti, Milano, 1998, pp.126) arriva a considerazioni ben più profonde. Con tutto il suo rigore di logico e filosofo della scienza, Garbolino svela i meccanismi e i teoremi del ragionamento probabilistico e ci aiuta a decidere quali siano le azioni più vantaggiose, anche nella vita di tutti i giorni.
Torniamo alla domanda : se la roulette è equa come può diventare la rovina di molti? Garbolino  dice che è per il Teorema della rovina del giocatore, che dimostra come il giocatore più ricco abbia maggiori probabilità di mandare sul lastrico il più povero. Illuminante l’esempio del gioco equo di testa e croce. Si puntano 1.000 lire alla volta, il giocatore A dispone complessivamente di 2.000 lire ed il giocatore B di 3.000 lire; la partita va avanti fino a che uno dei due perde tutto. È facile dimostrare che il 60% delle volte è B (il giocatore più ricco) ad intascare tutte le 5.000 lire. A maggior ragione ciò vale per i giochi sbilanciati a favore del più ricco (il banco) e ancora di più quando il giocatore ricco è molto più ricco dell’altro. Esistono però persone ricchissime che potrebbero facilmente tener testa ad un Casinò, ma i Casinò si tutelano fissando un tetto massimo alle puntate. In sostanza ad ogni singola puntata il giocatore subisce uno sfavore di probabilità del tutto ragionevole, ma è l’accanimento che porta ai limiti delle proprie disponibilità. Le grandi passioni hanno sempre ispirato grandi autori, e la passione per il gioco d’azzardo non fa eccezione; sul tema sono stati scritti veri capolavori della letteratura; il più noto è Il giocatore, un romanzo largamente autobiografico che Dostoevskij ha scritto nel periodo più disperato della sua vita: l’abbandonarsi incondizionatamente alle passioni (amorose e per il gioco) diventa nella vicenda la massima forma di autorealizzazione. Molto intrigante anche Il giocatore fortunato, un racconto breve in cui Hoffmann erge la “Fortuna” e il suo mutare a protagonista assoluto: è il gioco che simboleggia lo scontro fra destino e libero arbitrio.